venerdì 14 ottobre 2011

Odd NERDRUM
























UN GENIO VICHINGO PER SPOLETO
di Massimo Dini

Per impedire che la luce senza tregua di Reykjavik,
la capitale d'Islanda dove risiede da quattro anni, si
rifletta con violenza sui suoi quadri, il Maestro ha schermato le finestre e fissato alla parete una fila di tubi al neon. In questa quiete ambrata lavora Odd Nerdrum, norvegese, 59 anni, sette figli e una giovane moglie, pittore straordinario che la critica americana considera "la reincarnazione di Rembrandt" e che in Europa pochi hanno sentito nominare. Un pittore om forse qualcos'altro. «lo non sono un artista», precisa Nerdrum. «L'arte è una religione. Per me Rembrandt è più importante di Gesù Cristo».
Avvolto in una ampia tunica nera, la folta chioma biondo-argentea tenuta a freno con una fascia sulla fronte, Nerdrum dà una pennellata alla grande tela alla quale sta lavorando: due donne sedute sulla spiaggia in un giorno di sole riluttante. Poi si rincantuccia in un angolo del suo piccolo studio. Siede su una poltrona lisa, estrae un binocolo da una catasta di barattoli e pennelli e lo punta tenendolo a rovescio sulla tela.è l'unico accorgimento che gli consente una veduta da lontano in uno spazio così esiguo, la stanza più piccola della sua ampia villa bianca, una ex- biblioteca degli inizi del Novecento. «Nel giardino», dice, «ci sono gli unici alberi di tutta l'isola. Ma a me gli alberi non piacciono. Mi sono trasferito qui proprio perché questa natura spoglia, la stessa dei miei quadri, mi rilassa».
Le quotazioni dei suoi lavori, nella sede della Forum Gallery, a New York, sulla Quinta Strada, raggiungono i 300 mila dollari. Per decenni l'Europa, a cominciare dalla Norvegia, gli ha fatto guerra. Nel '63, all'epoca della prima personale a Oslo, Nerdrum era già al centro di un'accesa diatriba. Mentre l'astrattismo e l'arte concettuale dominavano la scena dell'avanguardia, il giovane Odd predicava il recupero della tradizione figurativa e la squisitezza formale dei grandi artisti del XVI e XVII secolo, Caravaggio, Goya, soprattutto il Rembrandt della Conspiracy of Claudius Civilis che l'aveva ammaliato diciottenne nel Nazionalmuseum di Stoccolma. Solo ora, finalmente, grazie al Festival dei Due Mondi di Spoleto, il nostro pubblico ha potuto ammirare la sua imagery raffinata e densa di mistero.
Sarà lui, un pittore, il richiamo di una manifestazione incentrata su musica e danza. Una grande mostra lo consacrerà. Lo stesso manifesto del Festival, un volto ferito, è tratto da uno dei suoi quadri più drammatici. Perché l'adozione di un'icona così forte? Nel giardino della sua villa con vista sul Duomo di Spoleto, il direttore artistico, Francis Menotti, figlio di GianCarlo, fondatore del leggendario Festival nel 1958, spiega la scelta: «Quel viso esprime lo stato d'animo di tutti noi che oggi ci chiediamo in quale mondo viviamo. Il presente è confuso. Non sappiamo che cosa stia accadendo, se dobbiamo gridare per chiedere aiuto o fingere che tutto vada bene. Quella ferita è un po' anche nostra». AI suo fianco, il Maestro Menotti, 92 anni portati con eleganza, che torna alla regia col Lohengrin wagneriano, l'opera che ha inaugurato la rassegna il 28 giugno, confida: «Nella messa in scena, soprattutto nei costumi, mi sono ispirato all'atmosfera surreale di Nerdrum, anche se devo tener conto che i cantanti sul palcoscenico si muovono, mentre le figure di Nerdrum sono bloccate in una tesa immobilità», Singolare sodalizio: l'artista dall'anlmus vlchlngo e Il Maestro cosmopolita, che da anni vive ritirato in un castello scozzese. Ma la singolarità è apparente. Nerdrum non è un artista maudit, è un intellettuale che disquisisce di Platone, Aristotele, Kant, Hegel, Freud, Adorno, Dante e Dostoevskij, la passione adolescenziale. «Come compositore, Giancarlo è un genio», afferma. «Sono sempre stato un suo fan. Spesso, mentre dipingo, ascolto la sua musica. La medium è l'opera che amo di più». Il fatto che pochi intenditori in Europa gli abbiano dato credito lo lascia indifferente: «Sono l'uomo più egoista che conosco perché ho scelto di fare solo quello che volevo: dipingere senza condizionamenti esterni. Se mi fossi lasciato influenzare, sarei diventato un artista, un artista moderno. Invece cosl posso permettermi una visione positiva della carne, posso rappresentare la bellezza del corpO umano, come in epoca classica prima e nel Rinascimento poi. Non mi interessano né fama né ricchezza. Come pubblico mi bastano me stesso, la mia meravigliosa moglie e pochi allievi».
In America molti giovani artisti considerano Nerdrum un guru. Col tempo lui stesso ha finito per crederci. In un quadro del 1997-98 si è raffigurato come il "Profeta della pittura". Indossa una veste sfarzosa, oro brunito, si erge sullo sfondo di uno dei paesaggi arcani che rappresentano uno dei tratti più seducenti della sua opera. E non è che uno dei suoi tanti autoritratti. Quale altro pittore al mondo avrebbe osato seguire l'esempio dell'ineffabile Rembrandt che immortalò la propria immagine nelle varie stagioni della sua vita? Così Nerdrum ha finito col sollevare scandalo, liquidato spesso con le etichette di artista "reazionario", "retrogrado", "provocatore".
«Ma quale provocatore!», reagisce cor voce tonante. «Mi limito a non seguire la corrente. lo sono l'iceberg, i critici sono il Tìtanic. Ed è stato il 1ìtanic é colpire l'iceberg. Il mondo dell'arte ha bisogno di nemici, come la religione ha bisogno del diavolo. Il guaio è che se è la società a escluderti, va tutto bene. Ma se sei tu che scegli la solitudine, allora diventi una minaccia». Evidentemente Nerdrum dimentica l'autoritratto con tunica dorata in cui, spudoratamente, solleva la veste regale per rivelare il pene eretto, lucente come una scimitarra. Certo è che se la sua ribellione si fosse limitata a rivalutare la pittura del Rinascimento, non sarebbe apparso così "minaccioso". Ma il vate si è spinto ben oltre. Con fantasia visionaria, ha creato una cosmologia ricca di poesia. Il paesaggio è cupo, lunare, privo di vita vegetale. I personaggi appaiono cristallizzati in momenti eterni,lo sguardo raggelato, come se obbedisse a un richiamo ipnotico. I colori virano verso il cromatismo dell'estate d'Islanda, l'incerto chiarore fatto di tinte bruno-laviche che non sai se appartengano all'alba o al crepuscolo.
I critici sono rimasti sconcertati: un Giardino dell'Eden degradato a un limbo primitivo? Un rifugio pur sempre insidioso (vista la presenza di fucili,coltelli, elmetti) per quanti sono fuggiti dalla modernità?
Una metafora atemporale della solitudine dell'umanità? Nerdrum, com'è sua abitudine, rovescia la prospettiva: «Il mio punto di vista è positivo. Questi personaggi semibarbarici, sperduti in una terra desolata, rivelano dignità, quasi eleganza, nel loro comportamento, anche quando soffrono, quando la morte si awicina. Penso che la dignità trasmetta un messaggio molto importante per l'umanità tutta,inclusi i ciechi, i sordi, i disabili. Anche loro, come le altre creature del mio mondo, setacciano l'orizzonte perché anelano a una terra felice. lo non sono religioso però sono convinto che esista un mondo migliore, da qualche parte. Come per il vero amore. Anche se molte volte restiamo delusi, non smettiamo di credere nell'amore. Arriva la sera. Suona il campanello e i candidi interni si animano. Odd accoglie teneramente la moglie e i suoi ragazzi, compresi due gemelli di quattro anni, poi saluta alcuni allievi e invita tutti nello studio per fare quattro chiacchiere sulle tele più recenti.
Alle 18.30 si cena In una nicchia rischiarata da finestre esili come fessure. Il filo della conversazione si rianno da in un salotti no, al piano di sopra, davanti a tazze di caffè in porcellana con motivi iconografici di Nerdrum. Mentre avvolge di garza la piccola sagoma in argilla di un neonato, Nerdrum prende di mira Kant ed Hegel, i filosofi che hanno imposto le regole dell'estetica moderna, sancendo la vittoria dello spirito sulla carne, del lavorio mentale sull'emozione. In un clima da accademia del tempo che fu, il patriarca mostra alcuni album di schizzi e spiega come sia germogliato il suo enigmatico altrove. Un momento di relax. Ma l'anima del vichingo ribolle. Nerdrum non si tira indietro di fronte alle sfide dell'establishment. E, mentre il tramonto assume le tonalità cineree dell'alba nordica, racconta il suo ultimo coup-de-théatre: ero già stato tacciato di essere kitsch. Finché un giorno mi è capitato di leggere un libro di Tomas Kulka, Kitsch and art. Il pittore kitsch è definito il nemico dell'arte e, via via che leggevo, mi rendevo conto che quel nemico ero proprio io. L'autore distingue tra la direzione giusta e quella sbagliata. lo ho scelto quella totalmente sbagliata. Insomma, sono Re Kitsch. Lo dice senza autoironia, in tono malinconico, come quando si lascia sfuggire: le gioie sono minuscole stelle nel firmamento». Forse ha ragione il critico americano Richard Vine. Non conosceremo mai il vero Odd Nerdrum dietro le pose e le fogge teatrali, più di quanto conosciamo il vero Rembrandt.



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