domenica 9 maggio 2010
"Il potere della Pittura" Safet ZEC al Museo Correr
Dal venerdì 07 maggio 2010
al domenica 18 luglio 2010
La mostra presenta oltre centotrenta opere - oli, tempere, disegni a matita, schizzi e studi preparatori, grandi dipinti e piccole tele - alcune mai esposte al pubblico finora e realizzate negli ultimi dieci anni di attività dell’artista bosniaco, protagonista drammatico e magistrale della figuratività odierna.
Dotato di un talento precoce e straordinario, Zec rimanda ad ascendenze classiche, da Tintoretto a Palma il Giovane, da Caravaggio fino a Freud; mostra la sicurezza linguistica degli antichi maestri e, insieme, l’ansia di ricerca di un indagatore solitario e la frenesia dello sperimentatore.
La quantità e la qualità della sua produzione finita e non-finita è sorprendente, ma la trasparenza è cristallina, il controllo totale, singolarmente lucido e razionale.
Ancora, Safet Zec è forse il più importante rappresentante della riflessione sulla tragedia di un popolo e sulle sconfinate possibilità della pittura da un lato di partecipare al suo strazio, dall’altro di fornire letture poetiche di un mondo quotidiano.
A cura di Pascal Bonafoux e Giandomenico Romanelli, catalogo Skira.
La mostra si realizza con il sostegno della Galerija SOL di Lubiana.
Lungo nove sale al secondo piano del Museo Correr, il percorso si snoda in sequenze tematiche di estrema suggestione.
La prima grande opera, Facciata veneziana (tempera e acrilico su carta, cm 120x350) testimonia il legame e l’appartenenza dell’artista alla città che lo ha accolto quando la guerra nell’ex Jugoslavia lo costrinse nel 1992 alla fuga da Sarajevo. Seguono poi le immagini, le atmosfere, gli strumenti dell’atelier veneziano, suo spazio e mondo, rifugio e origine di un’esistenza e di un’ attività artistica che rinascono e si rinnovano.
Alle vedute di una Venezia “minore”, struggente nella sua autenticità, si succedono nature morte, “vite silenziose” nella definizione di Zec, barche e porte, oggetti dimenticati, ceste, pennelli, colori, corde, taglieri, specchi. E forme di pane di suggestione sacrale.
Safet Zec è nato in Bosnia nel 1943, ultimo di otto figli di un calzolaio che, durante la seconda guerra mondiale, si trasferisce a Sarajevo da Rogatica, un paese a est della Bosnia. Il suo straordinario talento si manifesta sin dall’infanzia; si forma alla Scuola superiore di arti applicate di Sarajevo e all’Accademia di Belgrado è considerato quasi un prodigio. Tuttavia l’isolamento interiore di quegli anni lo porta a distruggere quasi tutti i suoi primi lavori. A Belgrado incontra la moglie artista Ivana, restaura una vecchia casa nel quartiere ottomano dell’antica città di Pocitelj, vicino a Mostar, luogo amato da molti artisti, che mantiene anche quando, nel 1987, torna a vivere a Sarajevo, da pittore ormai affermato anche a livello internazionale. Con lo scoppio della guerra, il mondo in cui Zec è cresciuto, di armoniosa convivenza tra persone di diverse culture e religioni, è sconvolto. Pocitelj viene distrutta e, con essa, tutte le sue opere incisorie. Morte e distruzione a Sarajevo lo costringono a fuggire con la famiglia. Nel 1992 è a Udine dove ricomincia a lavorare grazie all’aiuto generoso dello stampatore Corrado Albicocco, per poi giungere a Venezia nel 1998. Dalla fine del conflitto l’artista ha ripreso un’assidua frequentazione con la sua terra. Nel cuore di Sarajevo, lo Studio-collezione Zec è stato riaperto ed è ora un centro di iniziative culturali, oltre che sede espositiva delle sue opere. Nel 2004, in occasione dell’apertura del nuovo ponte di Mostar, è stato presentato un libro di incisioni curato dalla Scuola di Urbino su lastre di Zec. In futuro, la sua casa-studio di Pocitelj, ora restaurata, ospiterà una scuola di grafica.
Tra i più recenti e significativi riconoscimenti si segnalano:
2001 Lille mostra antologica a cura di Martine Aubry, presso la chiesa abbandonata di Sainte-Marie-Madeleine, recuperata per l’occasione
2003 premio "Leonardo Sciascia" per l'incisione
2004, un autoritratto di Zec è esposto tra quelli di Picasso e di Duchamp alla mostra MOI! Autoportraits du XX siècle realizzata dal Museé du Luxembourg di Parigi;
2005 premio Linus Pauling dell’International League of Humanists
2007 "Chevalier de l'ordre des Arts et des Lettres" del Ministero della Cultura Francese.
Inaugurazione sabato 8 maggio 2010 ore 12.00
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domenica 2 maggio 2010
Vania Elettra TAM
Nata a Como nel 1968
Vive e lavora a Milano
Vania Elettra Tam nasce a Como e si trasferisce a Milano dove frequenta la Nuova Accademia di Belle Arti e la Scuola di Grafica Pubblicitaria del Castello Sforzesco.
Si occupa per lungo periodo di disegno tessile per moda e arredamento per poi dedicarsi completamente alla pittura.
Debutta in mostra personale nel 2004 a Teramo; nel 2005 ordina una personale al Chiostrino di Santa Eufemia a Como. Ancora, nel 2008 espone a Sesto San Giovanni al Centro culturale “Sergio Valmaggi” e nel 2009 a Milano in una galleria privata.
Dal 2003, anno di esordio in mostra di gruppo alla Biennale d’Arte Contemporanea alla Libera Accademia di Belle Arti “Leonardo da Vinci” di Roma, partecipa a numerose rassegne tematiche e mostre collettive in spazi pubblici e privati.
Si segnalano in particolare 2004, Como, Broletto Piazza Duomo e Fondazione Castellini; 2005, Napoli; Milano; Teramo; 2006, Caprinica, Chiesa Romanica di San Francesco; Roma; 2007, Sannicandro, Castello Normanno-Svevo; Pisa ; Venezia; 2008, Roma, Palazzo dei Congressi; Milano; Biella; Trieste; 2009, Milano; Biella; Cesano Maderno; 2010, Rossano , Palazzo San Bernardino; Ferrara, Castello Estense; Bari, Palazzo Ateneo. Dal 2010 una sua opera è conservata al Museo Parisi-Valle di Maccagno.
In ambito internazionale espone nel 2008 a Praga e a Londra e nel 2009 negli Stati Uniti, a Miami e San Diego.
"...Un mondo, quello immaginato da Vania Elettra Tam, dove è concesso a chiunque, con pochi mezzi e molta fantasia, di sentirsi dea o diva, santa o peccatrice, popolana o regina.
La Tam non lascia nulla al caso e compone le sue tele con una maniacale attenzione per i particolari e per la definizione degli interni, dove ogni elemento è scelto e studiato seguendo un complesso sistema di riferimenti, rimandi e nessi logici che ricordano da vicino la complessità iconografica della pittura fiamminga.
Non bisogna però farsi ingannare dall’ironia e dalla geniali trovate della nostra artista: Vania, che presta in maniera enigmatica i propri tratti somatici alle protagoniste delle sue opere, si nasconde dietro un velo di leggerezza, dietro al sorriso che increspa le labbra mentre si osservano i suoi lavori, spinta dal pudore di non dichiarare la drammatica realtà che si cela all’origine della sua ricerca.
La vera protagonista dell’opera della Tam è la solitudine, una solitudine quasi tattile che spinge alla follia, che invita a desiderare a tal punto la fuga da creare una realtà parallela ed epica dove, per una volta, si possa essere protagonisti e non anonimi spettatori.
L’eccezionalità e l’unicità del lavoro di Vania Elettra Tam, tralasciando per un momento l’alta qualità formale, risiede proprio nel difficile equilibrio che l’artista è riuscita a creare tra un linguaggio che predilige la cifra espressiva dell’ironia e una ricerca contenutistica che veicola temi dolorosi come quelli della solitudine e del ruolo della donna in seno ad alcune particolari realtà culturali e sociali..."
Igor Zanti
01/05/10
Noicattaro (Bari) - Mostra d'arte contemporanea "DESPERATE HOUSEWIVES ?" di Vania Elettra Tam
Galleria d’Arte Contemporanea Globalart - via Ugo Foscolo,29 - Noicattaro (Bari)
dal 2 maggio al 2 giugno 2010
Inaugurazione: giorno 2 maggio 2010 ore 19:00
Orari galleria : mattina 9,30-12,30 pomeriggio 18,00-20,30
Vania ha un’intuitiva capacità di riuscire a sapere posizionare delle relazioni tra gli oggetti del quotidiano e le cose del mondo, offrendo allo sguardo la duplice appartenenza dell’essere femminile. L’ambientazione delle opere ha come scenario lo spazio rassicurante delle mura domestiche di una normale abitazione borghese. La sorpresa e l’inevitabile stupore che ne deriva, è dato dalla disposizione di un nuovo ordine degli attrezzi e cose dell’abituale uso giornaliero; questi assumono un valore differente, mediante il trasferimento di senso dato da un’abile e sottile ironia, vi è per cui grazie al meccanismo dell’analogia, il richiamo a qualche altra significazione.
L’artista è consapevole che l’appartenenza ad una vera codificazione va oltre la pura razionalità del calcolo, ovvero da quel “pensiero che calcola e che non vede, nel rapporto con le cose, altro senso che non sia il loro uso e il loro impiego”, Umberto Galimberti, Idee: Il catalogo è questo, pag. 27, Ed. Feltrinelli, Milano.
Il termine ironia, deriva dal latino ironia, dal precedente greco eironéia che significa “interrogazione”. L’artista con il suo interrogarsi, supera il semplice punto di domanda, mette in atto un distacco da quei limiti della quotidianità; suggerisce nuovi rapporti e relazioni. Vi è il confronto con l’abitudine, dal latino habitus = “disposizione”; l’artista crea una vera e propria nuova disposizione, ottenendo un ordine diverso; entrando così di diritto nell’appartenenza della suggestiva sfera delle potenzialità – non stiamo ovviamente davanti ad un semplicistico gioco del fantasticare, vi è mostrato con estrema consapevolezza, uno spiraglio sulle infinite possibilità – Vania ci invita a cercare nell’oggetto, la vera bellezza che in verità è custodita nelle cose, secondo Heidegger, l’opera d’arte ha una indiscutibile capacità, quella di farci riconoscere l’autentico significato delle cose, individuando “la cosa come tale”. Vi è una sottile provocazione, data dal filo conduttore del paradosso, ovvero quel sapere “essere contro l’opinione comune”. Gli scenari domestici sono ricchi di autoironia e abilmente colorati da una dolce sensualità.
L’artista si mette in gioco, perché è lei l’artefice di tutti gli episodi che ci propone, la cucina può divenire la scena di un crimine, o il tavolo da pranzo si trasforma in una zattera. Uno dopo l’altro ci troviamo a percorrere un viaggio suggestivo, un tragitto ricco di rimandi e connessioni, capaci di farci estraniare dalla quotidianità, dove fortunatamente altro non può accaderci che rimanere stupiti… per concederci in seguito alla seduzione della meraviglia.
In questa rassegna Vania supera lo scenario domestico, offrendoci della “rivisitazioni” di alcune opere d’arte, nonché capolavori del passato. È sicuramente un valore aggiunto alla tematica e al percorso artistico culturale, raggiunto dall’artista; una piccola acrobazia coraggiosa, l’inserimento del manufatto quotidiano nelle icone storicizzate della pittura. Questa operazione non è da confondere con le provocazioni artistiche del Dadaismo, con la complicità della sua personale ironia, viene sottolineata una contaminazione tra microcosmo e macrocosmo; ovvero tra la storia di ciascuno di noi e la storia dell’umanità. Discretamente ci viene ricordato che ciascuno di noi è chiamato a dare il suo contributo al cammino dell’umanità, e Vania con la sua pittura lo dona con indiscussa onestà culturale.
Luigi Mastromauro
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