martedì 31 agosto 2010

Centro Gallego de Arte Contemporáneo di Álvaro Siza Vieira





Centro Gallego de Arte Contemporáneo
Progettista: Álvaro Siza Vieira con João Sabugueiro, Yves Stump

Il museo è realizzato in un'area a nord di Santiago de Compostela che per la sua orografia si presenta come un anfiteatro, a mezza costa del Monte da Almadiga, aperto alla vista della città; una zona oggi marginale ma ancora ricca di segni storici, dai tracciati che si dipartono dalla Porta do Caminho, al tessuto del borgo (che pure nel tempo ha perso i suoi caratteri originari), alla presenza diffusa di insediamenti religiosi tradizionalmente posti immediatamente al di fuori della cinta muraria.
L'intervento di Álvaro Siza riguarda uno di questi "presidi della fede", l'antica chiesa con convento di Santo Domingo de Bonaval, già in precedenza trasformato in museo cittadino, e i relativi spazi aperti annessi (gli orti, un bosco di querce, il vecchio cimitero), spazi di grande suggestione che entrano a far parte integrante degli elementi da cui scaturisce il progetto. L'edificio del museo ridisegna il margine sud-ovest
dell'area conventuale, proponendosi di dare maggior densità ai fatti urbani e di riprendere i valori contestuali, in un'ideale continuità con il passato. Scopo, secondo le parole dello stesso Siza, era di "riscoprire un ordine precedentemente esistente poi successivamente distrutto" e, al contempo, che la nuova costruzione "affermasse la sua importanza civile".
A questa volontà il progetto dà risposta con l'articolazione planimetrica che si raccorda al tracciato della rúa Valle-Inclán e con il riferimento ai volumi del convento di cui sono riprese in allineamento le linee di gronda e il senso massiccio della costruzione (che il museo accentua con le sue poche aperture, quasi si trattasse di grandi rocce spaccate), come anche con la definizione di un preciso rapporto fra ingresso del museo e sagrato della chiesa, fino all'uso del principale materiale di rivestimento, quel granito con cui sono stati realizzati la maggior parte degli edifici storici di Santiago.
Sul sagrato si affacciano gli ingressi del museo, della chiesa e del convento, in più il passaggio che si crea tra museo e complesso monastico suggerisce e direziona un percorso che collega l'urbanità dello spazio pubblico del sagrato con le aree aperte annesse al convento.
L'edificio museale è organizzato sulla giustapposizione di tre blocchi fra loro sfalsati che prolungano a ventaglio il sistema rotazionale presente fra chiesa e chiostro del convento. Dei due corpi lineari, quello verso la strada contiene l'ingresso, l'atrio, una sala di lettura e gli uffici, quello più grande verso il monastero contiene il caffè, la libreria e gli spazi espositivi; nel terzo, più compatto, si colloca l'auditorio. Tutti e tre sono distribuiti da una lunga spina di servizio.
Lo spazio espositivo è strutturato secondo una tradizionale enfilade di sale, con un disimpegno veloce garantito dalla spina distributiva (un sistema tipologico che rimanda a quello usato per la prima volta da Leo von Klenze nell'Alte Pinakothek di Monaco). Mentre le sale inferiori hanno un'illuminazione naturale molto ridotta o assente, quelle all'ultimo piano godono di una luce zenitale proveniente da lucernari sotto cui sono posizionate controsoffittature che scendono dal tetto a mo' di tavolino rovesciato e che hanno il compito di orientare la luce verso le pareti, lasciando il centro della stanza in penombra. Costruiti in cemento e trattati a intonaco bianco, come le pareti e soffitti, questi velari fissi sottolineano la loro continuità con l'architettura e non intendono proporsi come elementi tecnologici aggiunti, di "supporto" alle necessità dell'esposizione.
La continuità del percorso interno, resa visibile dalla promenade architecturale della spina centrale di distribuzione, sembra voler prolungare nel museo quella processionalità devozionale che appartiene storicamente al carattere della città e del suo territorio. Una processionalità che si conclude sul tetto-terrazza che si apre alla vista della città e del paesaggio, ma anche dell'ampio nuovo spazio pubblico che lo stesso Siza ha ricavato dalla riprogettazione dei giardini e del cimitero del convento, un'area di verde articolata su più livelli, marcata da frammenti architettonici antichi, da alberi secolari, da nuovi tracciati che invitano il pellegrino a lasciare il chiuso del museo e a proseguire il percorso tra i fascinosi reperti recuperati alla contemplazione, alla meditazione - religiosa o laica che sia - e al piacere fisico e spirituale. Si può dire che tutta l'area dell'intervento, con i suoi spazi costruiti e aperti, è nel suo insieme museo, in quanto, nel rendere leggibili tracce e frammenti di una storia del sito attraverso un disegno intenzionalmente evocativo, Siza ha saputo mettere in opera una più complessa idea di "memoria esposta" che si apre alla città e ai suoi percorsi e luoghi.

Estratto da: MUSEI - architetture 1990-2000
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